La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una malattia neurologica che colpisce i motoneuroni, cioè le cellule del Sistema Nervoso Centrale (cervello e midollo spinale) che erogano gli impulsi alla muscolatura volontaria, dando origine ai movimenti. E’ nota anche sotto le denominazioni di Malattia dei Motoneuroni, Malattia di Charcot (dal nome del neurologo francese che per primo la diagnosticò e la descrisse nel 1869), Malattia di Lou Gehrig (dal nome di un giocatore di baseball americano che ne fu colpito all’età di 36 anni).
La SLA in genere si manifesta in persone adulte, senza differenza di sesso, tra i 40 e i 70 anni.
La prevalenza della malattia è di circa 6 pazienti ogni 100.000 abitanti.
La Sclerosi Laterale Amiotrofica provoca la morte precoce e progressiva dei motoneuroni, determinando un indebolimento e un’atrofia muscolare ad andamento peggiorativo nel tempo.
Il termine “amiotrofica” indica appunto l’esito in atrofia muscolare provocato dalla malattia.
Esistono due gruppi di motoneuroni: il primo (1° motoneurone o motoneurone centrale), localizzato nella corteccia cerebrale, invia l’impulso nervoso al midollo spinale; il secondo (2° motoneurone o motoneurone periferico) appartiene al midollo spinale, in particolare nel settore anteriore (corna anteriori), ed invia il segnale nervoso direttamente ai muscoli.
La SLA colpisce sia i motoneuroni centrali che quelli periferici.
La morte di tali cellule avviene nel corso di mesi od anni.
Nel frattempo i motoneuroni superstiti sostituiscono funzionalmente, almeno in parte, quelli distrutti.
Il meccanismo attraverso il quale si verifica la degenerazione dei motoneuroni non è ancora stato completamente chiarito; le ipotesi comprendono un possibile danno da radicali liberi, una disfunzione mitocondriale, un aumento del contenuto di calcio intracellulare, un danno eccito-tossico da glutammato (un aminoacido che provoca aumento dell’attività cellulare).
Da recenti ricerche sembra che tale meccanismo coinvolga anche cellule nervose diverse dai motoneuroni (astrociti).
La sintomatologia clinica insorge quando la capacità di compenso dei motoneuroni rimasti non è più in grado di supplire alle funzioni di quelli degenerati.
Le cause di questa malattia sono ancora sconosciute.
In una minoranza di casi la malattia si presenta a distribuzione familiare.
In ogni caso non si tratta di una malattia ereditaria in senso stretto.
Le forme cliniche comprendono la forma classica (SLA), che interessa il I e II motoneurone, e forme meno comuni come la Sclerosi laterale primaria, l’Atrofia muscolare progressiva e la Paralisi bulbare progressiva, che interessano in vario modo i motoneuroni centrali e periferici, o i motoneuroni bulbari, provocando varie espressioni sintomatologiche.
La forma classica si manifesta all’inizio con impaccio nei movimenti fini delle dita, debolezza e ipotrofia della piccola muscolatura delle mani.
Sono presenti crampi muscolari prevalenti agli arti inferiori, fascicolazioni (movimenti involontari di gruppi di fibre muscolari, avvertite sotto pelle) che inizialmente si presentano in prevalenza a livello del cingolo scapolare e afli arti superiori, ma che tendono a diffondersi ad altri gruppi muscolari.
I riflessi sono in genere vivaci.
Non sono presenti deficit della sensibilità.
Col tempo i sintomi si acuiscono e il quadro di debolezza ed ipotrofia muscolare diventa progressivamente più severo ed esteso; l’interessamento dei muscoli della lingua, con abbondanti fascicolazioni a tale livello, è particolarmente caratteristico.
In tale fase compaiono disfagia (difficoltà alla deglutizione), disfonia (difficoltà alla fonazione, con alterazione del tono della voce), riso e pianto spastico (difficoltà a trattenere tali manifestazioni, anche se inadeguate), incremento della spasticità, disfunzioni sfinteriche e difficoltà respiratorie (che possono richiedere la ventilazione meccanica invasiva o non invasiva) negli stadi avanzati.
Il decorso clinico può variare notevolmente da un paziente all’altro per il tipo di muscoli colpiti, l’entità della paralisi e la velocità del peggioramento.
La diagnosi, oltre che della clinica, in genere assai caratteristica, si avvale soprattutto dell’Elettromiografia, che evidenzia attività di denervazione a riposo (fibrillazioni e potenziali positivi, oltre alle classiche fascicolazioni); l’indagine deve essere estesa a gruppi muscolari prossimali e distali dei quattro arti, con positività di almeno tre arti per verificare la diagnosi.
La positività EMGrafica a livello dei muscoli paravertebrali è anch’essa fortemente indicativa di SLA.
Un lieve possibile rallentamento della Velocità di Conduzione Motoria contrasta con la negatività delle prove di Velocità di Conduzione Sensitiva.
I Potenziali Evocati Motori mostrano un prolungamento della latenza e la RM può far rilevare una modesta atrofia della corteccia motoria e una degenerazione dei fasci cortico-spinali a livello del tronco encefalico e del midollo spinale.
La terapia è a tutt’oggi ancora insoddisfacente, anche se negli ultimi anni le ricerche si sono moltiplicate e si sono ottenuti farmaci in grado almeno di rallentare la progressione della malattia.
L’intervento appropriato su questi malati richiede le competenze di più specialisti: neurologo, neurofisiologo, fisiatra, pneumologo, rianimatore, gastroenterologo, psicologo e di altri operatori sanitari quali dietista, logopedista, fisioterapista e assistente sociale.
Queste competenze dovrebbero essere coordinate in gruppi di lavoro, con la possibilità di assistere il paziente a domicilio, che per ora sono ancora scarsi in Italia.
Un farmaco che ha sollevato alcune speranze circa la possibilità di rallentare la progressione della malattia è il Riluzolo, antagonista del glutammato, efficace soprattutto nelle fasi iniziali della patologia.
Un altro farmaco attualmente in sperimentazione per questa indicazione è il Litio Carbonato, da tempo usato in psichiatria e nella terapia di particolari forme di cefalea.
Tale farmaco ha infatti dimostrato una significativa azione neuroprotettiva, sia in modelli sperimentali che in vivo.
Un recente studio ha confrontato il solo riluzolo con l’associazione dello stesso con il litio, ottenendo risultati promettenti.
Sono in sperimentazione anche sostanze bloccanti i recettori del glutammato (Talampanel) e protocolli utilizzanti cellule staminali.
Vengono poi utilizzati vari presidi farmacologici e non per il trattamento sintomatico delle varie disfunzioni associate alla malattia: crampi dolorosi, disfagia, disartria, disturbi respiratori, depressione del tono dell’umore.
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