L’Epilessia è una malattia neurologica caratterizzata da anomala attivazione di una parte o di tutte le cellule dell’encefalo, causante manifestazioni cliniche differenziate a seconda della localizzazione delle scariche stesse. Tali manifestazioni si presentano caratteristicamente a crisi di maggiore o minore durata, intercalate da periodi liberi, e possono includere sintomi di svariata natura, tra cui disturbi dello stato di coscienza, movimenti involontari, sensazioni anomale, percezioni di stimoli inesistenti.
Le crisi epilettiche si distinguono in generalizzate (se la scarica elettrica interessa l’organo cerebrale nella sua totalità) o parziali (quando la scarica interessa solo un parte del cervello).
Esistono poi le crisi parziali con secondaria generalizzazione, quando la scarica, originatasi in un settore limitato dello stesso, si estende poi a tutto il cervello.
L’epilessia, sia generalizzata che parziale, può essere sintomatica od idiopatica, in rapporto al fatto che si riesca o meno a individuare una causa organica sottostante alle crisi.
Circa 50 milioni di persone al mondo soffrono di epilessia.
L’incidenza di questa malattia nei Paesi sviluppati è di circa 50-70 casi per 100.000 abitanti.
Nei Paesi in via di sviluppo l’incidenza è più elevata a causa della maggiore possibilità di traumi da parto, infezioni e traumi cranici (si calcola che 42.5 milioni di epilettici vivano in Paesi del Terzo Mondo).
La prevalenza è maggiore nella prima infanzia e nella terza età.
Purtroppo circa l’80 % dei pazienti non ricevono una diagnosi precisa e non vengono trattati adeguatamente.
La prognosi è buona nella maggior parte dei casi, essendo condizionata negativamente da una serie di circostanze quali la presenza di cause sintomatiche, elevata frequenza di crisi prima del trattamento farmacologico, crisi generalizzate tonico-cloniche, attività generalizzata epilettiforme all’EEG, storia familiare di epilessia, storia di comorbilità psichiatrica.
Le crisi epilettiche, come già indicato, si dividono in generalizzate e parziali.
Le crisi parziali possono andare incontro a secondaria generalizzazione.
Le più importanti crisi di tipo generalizzato sono rappresentate dalla classica crisi tonico-clonica (in passato definita di “Grande Male”), con grido, perdita di coscienza, caduta a terra, convulsioni prima di tipo tonico (irrigidimento muscolare generalizzato, spesso con morsicatura della lingua) poi di tipo clonico (movimenti involontari ritmici degli arti), seguiti da incontinenza urinaria e da alterazione dello stato di coscienza prolungato post-critico.
Altre crisi generalizzate, più tipiche dei bambini, sono le “assenze”, in passato definite “Piccolo Male”, con sospensione dello stato di coscienza, fissità dello sguardo e movimenti involontari ripetitivi a livello palpebrale o labiale, della durata di alcuni secondi.
Assenze atipiche comprendono incremento o riduzione del tono muscolare, movimenti involontari a tipo clonico, possibili cadute a terra.
Le crisi parziali si distinguono in semplici e complesse, a seconda che comportino o meno un’alterazione dello stato di coscienza.
Le manifestazioni cliniche delle crisi parziali semplici dipendono dall’area di corteccia cerebrale che ha originato la scarica elettrica anomala.
Quelle che hanno origine dalla corteccia motoria provocano movimenti ritmici del volto o degli arti controlaterali (crisi jacksoniane).
Le crisi che hanno origine dalla corteccia sensoriale o dalle aree responsabili delle emozioni o della memoria possono dare origine ad allucinazioni olfattive, visive o uditive come anche a sensazioni tattili anomale, fenomeni quali paura od euforia, impressione di aver già vissuto una situazione nuova (déjà vu).
Le crisi parziali complesse sono caratterizzate da perdita di contatto con l’ambiente di breve durata e movimenti ripetitivi (pseudo-assenze), ma possono comportare anche stati confusionali o crepuscolari di lunga durata, in cui i pazienti assumono comportamenti anomali (ripetono frasi, camminano, si spostano anche per lunghi tratti) di cui in genere non serbano ricordo.
Le diverse forme di epilessia vengono diagnosticate dal clinico sulla base di caratteristiche quali l’età d’esordio delle crisi, storia familiare, tipo/i di crisi, segni e sintomi neurologici associati, nonché l’esito di esami strumentali quali l’Elettroencefalogramma (EEG) (eventualmente attivato) e la TAC o la Risonanza Magnetica dell’encefalo.
Con i progressi della tecnologia è ora possibile una diagnosi molto più accurata di alcuni anni fa, e sempre più spesso viene identificata una lesione responsabile delle crisi.
Tra le epilessie del bambino si segnala l’epilessia rolandica benigna, focale idiopatica, con esordio tra i 3 e i 13 anni, prevalenti crisi notturne caratterizzate da ipersalivazione, rantoli e mivimenti involontari della bocca, crisi diurne con movimenti tonico-clonici di un lato del corpo senza perdita di coscienza. L’EEG mostra punte e onde aguzze centro-medio-temporali, spesso scatenate dal sonno leggero.
La prognosi di questa forma è benigna, facilmente controllabile con farmaci e in genere regressione spontanea nell’adolescenza.
L’epilessia mioclonica giovanile è caratterizzata da movimenti mioclonici, crisi tonico-cloniche ed assenze.
Possono verificarsi episodi di caduta a terra.
Il trattamento è in genere efficace ma va protratto a lungo.
La sindrome di Lennox-Gastaut è invece di marcata gravità e comprende crisi toniche o tonico-cloniche, assenze atipiche, crisi atoniche con cadute a terra e grave ritardo mentale, con disturbi del comportamento.
La risposta alla terapia è in genere insoddisfacente.
Le convulsioni febbrili si presentano in genere tra i 3 mesi e i 5 anni, in associazione a rialzi termici, in bambini talvolta con storia familiare di epilessia.
In genere benigne, non è escluso comunque un successivo sviluppo di epilessia, specie in caso di crisi a carattere focale o di lunga durata.
Nei casi con crisi febbrili semplici può non essere indicato il trattamento a lungo termine con antiepilettici.
Per la diagnosi di epilessia bisogna escludere condizioni medico-neurologiche che possono determinare crisi simil-epilettiche, quali episodi sincopali, aritmie, ipoglicemia, crisi emicraniche, disturbi del sonno, crisi psicogene.
Devono essere indagati accuratamente le circostanze delle crisi e i fattori inducenti così come la presenza di patologie scatenanti (es. alcoolismo, assunzione di farmaci o loro sospensione, abuso di sostanze).
Il clinico si avvarrà quindi degli esami precedentemente menzionati per il completamento del giudizio diagnostico e la ricerca di eventuali fattori causali.
Il trattamento deve essere instaurato dopo due o più crisi ben documentate, o anche dopo una sola crisi in presenza di sicuri fattori aggravanti quali la presenza di una lesione cerebrale, significative alterazioni EEG o familiarità epilettica.
Esso si avvale in prevalenza di farmaci, meglio se in monoterapia anche se spesso è necessario associare più composti.
Dal momento che spesso il trattamento può essere protratto per tutta la vita, è importante che sia ben tollerato, anche dal punto di vista psicologico.
Della massima importanza un ampio e franco colloquio con il paziente e/o i familiari per favorire la massima aderenza al trattamento e controlli regolari.
I farmaci andranno scelti in base al tipo di crisi e ai presumibili effetti collaterali.
I farmaci antiepilettici “storici” più utilizzati sono il Fenobarbital, la Fenitoina, la Carbamazepina, l’Etosuccimide, il Valproato di Sodio.
Possono essere utilizzati come antiepilettici “al bisogno”, in caso di crisi, anche alcune benzodiazepine quali Diazepam, Lorazepam e Clonazepam.
Sono poi in uso da alcuni anni altri farmaci quali Gabapentin, Levetiracetam, Oxcarbazepina, Pregabalin, Tiagabina, Topiramato, Vigabatrin, Felbamato, Lamotrigina.
I primi possono essere dosati nel sangue e la terapia monitorata anche con prelievi periodici; generalmente sono gravati da più frequenti e importanti effetti collaterali.
Quelli di seconda generazione, in genere meglio tollerati, non si dosano.
Alcuni di questi farmaci possono essere impiegati per altre indicazioni, quali patologie psichiatriche (es. disturbo bipolare, disturbo d’ansia generalizzato, anomalie del comportamento), emicrania o dolore neuropatico.
Dopo un certo periodo di tempo libero da crisi, si può valutare l’opportunità della sospensione del trattamento.
Nei bambini possono essere sufficienti due anni, mentre nell’adulto si preferisce prudenzialmente attendere almeno 5 anni.
Alcune sindromi dell’infanzia (epilessia rolandica benigna, convulsioni febbrili semplici) raramente recidivano dopo la sospensione.
Nell’adulto le forme generalizzate idiopatiche hanno in genere una prognosi favorevole.
Vari EEG negativi sono di supporto alla decisione.
In caso, i farmaci andranno sospesi con gradualità, nell’arco di almeno 6 mesi.
Nonostante l’ampia disponibilità di farmaci antiepilettici possono verificarsi casi refrattari alla terapia, per cui si può prendere in considerazione l’approccio chirurgico.
Dopo vari tentativi infruttuosi, in particolare in età infantile, data la possibile influenza delle crisi sullo sviluppo psicomotorio, si dovrebbe inviare il paziente presso un centro specializzato che offra la possibilità del trattamento chirurgico.
Possono essere impiegati vari interventi mirati ad isolare le aree encefaliche epilettogene.
Un altro trattamento non farmacologico usato da vari anni per ridurre la frequenza delle crisi epilettiche è la stimolazione del nervo vago, in particolare con crisi parziali da focolai epilettogeni non resecabili.
Tale intervento consiste nel posizionamento di un elettrodo a spirale intorno al nervo, a livello del collo, collegato ad uno stimolatore in grado di erogare con regolarità impulsi elettrici, che modificando l’eccitabilità di varie strutture nervose influenza la generazione delle crisi epilettiche.
E’ allo studio l’applicazione di tale trattamento anche ad altre affezioni neurologiche o psichiatriche.
I pazienti affetti da epilessia possono reperire informazioni e supporto presso l’Associazione Onlus AICE, Via Tommaso Marino 7, 20121 Milano, Tel. 02/809299, Tel./Fax 02/809799, e-mail assaice@iperbole.bologna.it, sito Web www.aice-epilessia.it, o presso le sedi regionali della stessa Associazione.
Di seguito le informazioni per mettersi in contatto con il Dott. Marco Trucco:
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