Una recente acquisizione della ricerca sulle cefalee è il riscontro della frequente
associazione tra emicrania con aura e pervietà del forame ovale (PFO).
Con tale
terminologia si indica una malformazione cardiaca consistente nella persistenza in età
adulta di una comunicazione (di entità più o meno rilevante) tra l’atrio cardiaco destro e
sinistro, normalmente presente in età fetale, che in genere alla nascita risulta chiusa, con
la formazione del setto inter-atriale.
Tuttavia la relativa complessità della formazione del
setto stesso fa sì che nel 15-25 % dei casi tale chiusura risulti incompleta anche in età
adulta.
Nella maggior parte di questi casi ciò non comporta conseguenze di rilievo e la
malformazione può decorrere silente per anni o per tutta la vita..
E’ stata riscontrata un’associazione significativa tra emicrania con aura e PFO.
La
prevalenza di PFO in questi pazienti è notevolmente più elevata di quella riscontrata nella
popolazione generale: a seconda degli studi si va dal 41 al 65% dei casi.
La PFO è talvolta alla base anche di ictus criptogenetico (in cui non si evidenzia un
fattore causale) e relativamente frequente anche nell’ictus giovanile, specie se di entità
marcata o in presenza di aneurisma del setto interatriale.
Associazioni significative con la
PFO sono state notate anche con amnesia globale transitoria ed episodi sincopali.
La diagnosi di PFO e la quantificazione del difetto sono possibili attraverso due tipi
di metodiche: il Doppler Transcranico (TCD) e l’Ecocardiogramma Transesofageo (ETE).
Il
primo rappresenta un test di screening semplice, non invasivo e ben tollerato dai pazienti:
si basa sul riscontro del passaggio nella circolazione encefalica di microbolle ottenute da
una soluzione “sonicata” (ottenuta miscelando soluzione fisiologica e una minima quantità
di aria), iniettata in vena.
Se si verifica il passaggio di microbolle dall’atrio dx al sin.
attraverso la PFO, le stesse saranno rilevabili a livello dell’arteria cerebrale media sotto
forma di segnali ad elevata intensità, la cui entità è direttamente correlabile a quella dello
shunt dx-sin.
L’ETE definisce la PFO con maggiore precisione ed è indispensabile in vista
di un eventuale intervento di chiusura del difetto, ma è una procedura invasiva ed in
genere mal tollerata dal paziente, non proponibile pertanto su larga scala.
La correlazione tra emicrania con aura e PFO non è ancora completamente
chiarita, ma sono stati supposti due possibili meccanismi: trombo-embolico (passaggio di
emboli nella circolazione cerebrale), o, più verosimilmente, mancata inattivazione a livello
polmonare di sostanze attivatrici dell’attacco emicranico.
Per quanto riguarda la terapia, la PFO può essere efficacemente trattata mediante
chiusura percutanea mediante catetere recante un dispositivo ad apertura “sigillante” il
forame ovale.
Tale intervento, indicato in caso di eventi ischemici cerebrali ripetuti, ed in
caso di concomitante aneurisma del setto interatriale e/o altri fattori di rischio vascolare, è
assai dibattuto come prevenzione dell’emicrania con aura in assenza di altre comorbilità.
Esistono lavori che dimostrano un certo beneficio ma al momento non sembrano
conclusivi.
Allo stato attuale delle conoscenze, non si consiglia pertanto la routinaria
chiusura della PFO nei pazienti affetti da emicrania.
Nei pazienti con accertata PFO, sia senza indicazione alla chiusura che dopo la
stessa, si consiglia terapia antiaggregante piastrinica (ASA o clopidogrel).
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