L’emicrania è una malattia sociale, che affligge circa il 12% della popolazione adulta, in prevalenza donne in età fertile, e che causa una seria disabilità sia lavorativa che per le attività familiari e del tempo libero, rappresentando un’importante riduzione della qualità della vita.
La causa dell’emicrania resta a tutt’oggi sconosciuta; questa malattia viene pertanto definita, nell’ambito della Classificazione Internazionale delle Cefalee, una “cefalea primaria”, termine che esprime appunto l’ignoranza sulle cause della stessa (si definisce viceversa “secondaria” una cefalea causata da una malattia chiaramente diagnosticabile, come ad esempio un’emorragia cerebrale, un tumore intracranico, un’infezione meningea o anche, semplicemente, un’infezione febbrile anche banale che però possa presentare come sintomo il dolore alla testa). Nel caso dell’emicrania si ritiene che la causa possa ascriversi ad una complessa ereditarietà multigenica, dall’osservazione della frequente familiarità della malattia e dalla presenza di forme rare (es. Emicrania Emiplegica Familiare), presentanti una trasmissione ereditaria ben definita.
Fino dagli anni ’70 del secolo scorso la ricerca si è sforzata di chiarire i meccanismi di scatenamento delle crisi emicraniche, nel tentativo di agire su uno o più di essi per bloccare le crisi in atto e/o prevenirne l’insorgenza.
Trattando in particolare delle terapie preventive, o “profilassi”, fino a pochi anni fa non erano disponibili farmaci specifici per questa patologia.
Le profilassi disponibili erano costituite da farmaci creati e impiegati per altre patologie, di cui era emersa anche un’efficacia sulla prevenzione delle crisi emicraniche.
Tali farmaci, ancora largamente utilizzati, fanno parte delle categorie dei beta-bloccanti, dei calcio-antagonisti, degli anti-epilettici, degli anti-ipertensivi, degli anti-depressivi, a cui si è aggiunta in tempi più recenti la tossina botulinica, che comunque presenta indicazione solo per l’emicrania cronica, oltre a terapie non farmacologiche o nutraceutiche di diversa efficacia.
Lo sforzo della ricerca più recente ha permesso di individuare una sostanza normalmente presente nell’organismo umano, il CGRP (peptide correlato al gene della calcitonina), ad azione vasodilatatrice e facilitante la sensazione dolorosa, come quella maggiormente responsabile nello scatenamento e mantenimento delle crisi emicraniche.
Sono stati pertanto sintetizzati degli anticorpi in grado di bloccare tale sostanza o il suo recettore cellulare (il sito di “aggancio” del CGRP alla membrana cellulare), che hanno mostrato, in studi condotti con estremo rigore scientifico (farmaco a confronto con una sostanza inerte, o “placebo”, in gruppi omogenei di pazienti), la loro efficacia nella riduzione dei giorni mensili di emicrania, dell’intensità delle crisi (e pertanto della disabilità data dalle stesse), nel miglioramento della qualità della vita dei pazienti.
Altri studi hanno incluso specificamente pazienti “difficili”, come pazienti con elevata frequenza di crisi (emicrania cronica), con uso eccessivo di farmaci analgesici o che avevano fallito più di una terapia preventiva tradizionale.
Molti studi, al termine del periodo previsto per l’osservazione, venivano condotti “in aperto”, ovvero senza il confronto con il placebo, per periodi prolungati (fino a vari anni).
Sono poi stati condotti altri studi, definiti di “real life”, ovvero su pazienti in condizioni più simili alla “vita reale”, senza gli stringenti criteri richiesti dagli studi in doppio cieco.
Tutte queste osservazioni hanno evidenziato una validissima efficacia sulle crisi emicraniche di tutti i farmaci impiegati, unitamente ad un’elevata tollerabilità (assenza di effetti collaterali gravi, con poche e modeste reazioni nel sito di iniezione o effetti sistemici scarsi e poco significativi).
I farmaci impiegati a tutt’oggi in Italia, che hanno quindi superato l’esame dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per la loro messa in commercio, sono l’erenumab (anticorpo monoclonale anti-recettore del CGRP), il galcanezumab e il fremanezumab (anticorpi monoclonali che agiscono direttamente sul CGRP).
Essi hanno in comune la via di somministrazione sottocutanea con autoiniettore, l’efficacia e la tollerabilità, con poche differenze; le dosi differiscono (l’erenumab si impiega alla dose di 70 o 140 mg ogni 28 giorni; il galcanezumab alla dose di 120 mg ogni 30 giorni, dopo una prima dose di carico di 240 mg; il fremanezumab alla dose di 225 mg ogni 30 giorni.
Per quest’ultimo è prevista anche una somministrazione trimestrale alla dose di 675 mg).
Un altro anticorpo recentemente approvato per l’immissione in commercio, l’eptinezumab, viene invece impiegato per via endovenosa, al dosaggio di 100 mg ogni 12 settimane, solo in ambiente ospedaliero.
L’indicazione alla somministrazione di tutti gli anticorpi monoclonali, come da Linee Guida internazionali, è in pazienti che presentino almeno 4 giorni di emicrania al mese.
L’elevato costo delle fiale, dovuto all’importante ricerca alla base della commercializzazione di tali farmaci, rende però quasi proibitivo l’acquisto delle fiale direttamente in farmacia da parte del paziente.
Il Servizio Sanitario Nazionale ha previsto la dispensazione delle fiale dopo prescrizione ospedaliera da parte di Specialisti afferenti a Centri Cefalee autorizzati.
Le condizioni prescrittive in ambito ospedaliero risultano però molto più restrittive; questi farmaci sono prescrivibili solo a pazienti che presentino almeno 8 giorni di emicrania disabilitante al mese, abbiano una disabilità media o elevata alla scala di valutazione MIDAS e abbiano fallito o presentino chiare controindicazioni ad almeno tre profilassi antiemicraniche tradizionali (con farmaci antidepressivi triciclici, beta-bloccanti, antiepilettici o con tossina botulinica), somministrate per almeno sei settimane.
I farmaci devono essere consegnati unicamente in ambito ospedaliero, nell’ambito di visite di controllo regolari, per un anno di osservazione, monitorando regolarmente la loro efficacia sul grado di disabilità.
E’ inoltre escluso il passaggio da un farmaco all’altro in caso di inefficacia o mancata tollerabilità di uno di questi.
Alla fine dell’anno di osservazione, la terapia deve essere sospesa per un mese, al termine del quale potrà essere ripresa in caso di significativo peggioramento delle crisi emicraniche.
Tale rigida regolamentazione rende complessa la prescrizione di questi farmaci, che vengono pertanto destinati ai casi più gravi, peraltro non infrequenti nella casistica di un Centro Cefalee che tratta un elevato numero di casi mensili.
La presenza di numerosi casi rientranti nei criteri di prescrivibilità internazionali ma non in quelli ospedalieri, ha stimolato alcuni clinici a prevedere e organizzare la prescrizione e la somministrazione degli anticorpi monoclonali anche in Centro Privati, a prezzo agevolato.
Sono pertanto in grado di trattare l’emicrania con le profilassi più avanzate attualmente in commercio, per i pazienti che non potrebbero usufruirne tramite visite nell’ambito di strutture pubbliche.
Di seguito le informazioni per mettersi in contatto con il Dott. Marco Trucco:
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